Friday, April 20, 2007
Save Our Souls (post interruptus)
Alcune cose non s'imparano sui libri. Puoi leggere, ascoltare, farti raccontare, ma poi solo l'esperienza ti rivela le risposte più intime. Parlo di lutto, di psicosomatica, di sogni che arrivano, di emozioni che riempiono, di angosce che svuotano, delle montagne russe umorali di una parte di me che non conoscevo; non direttamente, almeno...
Mi sorprendevo quando mi parlavano di persone che protraevano il periodo del lutto oltre l'ammissibile: penso a mia nonna materna, che ha vissuto gli ultimi 12 (dodici) anni della sua vita vestendosi sempre di nero, dopo la morte di suo marito. Mi pareva eccessivo, incomprensibile addirittura, benché lei mi parlasse delle intense emozioni dell'amore e di quanto possa essere indissolubile il legame che questo sentimento crea. Io l'abbracciavo con rispetto, ma non capivo. Avevo 8 anni e tutto era nuovo per me, e avevo anche la presunzione di credere che certe manifestazioni non facessero parte della mia natura. Analogamente mi lasciavano sbigottito gli slanci di mia mamma, che mi amava (pausa... lunga pausa... sospiri...) in modo cosi simbiotico da ammalarsi sempre con me, quando io prendevo qualche virus strano in giro nel mio sempre incosciente modo di affrontare la vita; e così il medico che mi curava era sempre costretto a moltiplicare per 2 le prescrizioni delle medicine, tanto che era difficile capire chi avesse infettato chi.
Scusate, non riesco a scrivere di più per ora. Volevo regalarvi qualcosa di più personale, come molti di voi mi hanno chiesto in questi mesi, ma anche l'elaborazione del mio lutto è "in fieri" e i fili della mia anima sono ancora troppo scoperti perché io li bagni con altre lacrime. Comprendetemi.