Friday, May 23, 2008

 

Insieme

Era di maggio, ancora.
Io non ero in Italia, ero in Francia a lavorare e a inseguire una donna di cui mi ero disperatamente innamorato; ma questa è un'altra storia... ;-)
Questo post nasce a seguito di un altro post: http://palermo.blogolandia.it/2008/05/21/23-maggio-1992-ore-1758-tu-doveri
Si chiede di raccontare la propria giornata di quel 23 maggio 1992, quando l'antimafia perse uno dei suoi uomini migliori. Una bella iniziativa per ricordare un uomo, Giovanni Falcone, che ha vissuto pienamente la sua vita, fino a sacrificarla in nome della Giustizia (con la g maiuscola, sì - ndr). Un modo per ricordare che sotto la tonaca da giudice c'era un uomo e che a fianco di quell'uomo, in quella macchina, c'era anche una donna, sua moglie; con lui fino all'ultimo, con lui insieme nella lotta comune al male. Una scelta consapevole che ricorda quella di un'altra donna coraggiosa e innamorata: Emanuela Setti Carraro, moglie del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, altro eroe immolatosi per lasciarci un'Italia migliore. Anche Francesca Morvillo era un giudice schierato contro la mafia, ma quasi nessuno ricorda che quel giorno, a Capaci, morì anche lei -come anche i poliziotti della scorta- per stare al fianco del suo Uomo (maiuscolo, sì... - ndr) e accompagnarlo ovunque, anche in cielo. Quel giorno di maggio Francesca e Giovanni non hanno perso la vita, hanno fatto vincere il loro amore.

Wednesday, May 07, 2008

 

Radio AUT

Era di maggio, ma non era una giornata di primavera: quel giorno me lo ricordo bene, anche se avevo solo nove anni. Pioveva a Milano, faceva anche freddo e io ero convalescente a casa; guardavo la televisione e facevo (controvoglia - ndr) i compiti di aritmetica. Eppure, tra un'addizione e l'altra, un conto non mi quadrava di quello che avevo appena sentito di televisione: "[...] si ritiene che il giovane si sia suicidato". Ricordo di aver pensato: "come può una persona suicidarsi con l'esplosivo, dopo essersi legata a un binario del treno?". Mi sembrava elementare la risposta, proprio come la scuola che stavo frequentando in quegli anni, e tuttavia mi colpì la lentezza delle istituzioni nell'affermare che quel giovane non si era suicidato, ma era stato ucciso con l'esplosivo. Lo "capirono" solo dopo nove giorni! Nove giorni per dire in un telegiornale che quel giovane non era un eversivo che stava compiendo un attentato (un'altra delle ipotesi iniziali - ndr), nove giorni per scoprire che non era stato respinto dalla fidanzata (il presunto movente del suicidio - ndr), nove giorni per far sapere all'Italia che quella strana morte poteva essere un delitto di mafia e che la vittima non era un mafioso, ma un giornalista. Nove giorni in una fredda primavera di un bambino di nove anni, cagionevole e turbato dal clima di "caccia alle streghe" che si respirava per la morte dell'onorevole Aldo Moro. Sì, perché quel bambino di nove anni fu colpito da quella notizia strana all'interno di un telegiornale che era quasi completamente dedicato al ritrovamento del cadavere dell'uomo più potente d'Italia in quel periodo; e il suo strano "suicidio" fu oscurato dalla risonanza mediatica della notizia principale. "Poveraccio, che sfortuna che ha avuto!", forse avrò pensato, credendo fosse un'incredibile coincidenza del destino. Era di maggio. Era il nove di maggio, quando quel bambino di nove anni dovette aspettare nove giorni per sentir dire in televisione quello che hai lui pareva chiaro sin da subito: "Il giornalista di RADIO AUT, Peppino Impastato, è stato ucciso". Quel giorno me lo ricordo bene, sì. Avevo nove anni, ma mi stavo svegliando dall'onirica ingenuità dell'infanzia; stavo cominciando ad aprire gli occhi, insomma. Ancora oggi molti gli occhi preferiscono tenerli chiusi, così come le orecchie e la bocca piuttosto di dire che LA MAFIA E' UNA PIAGA! Piuttosto di ammettere che quel giovane giornalista, Peppino Impastato, era un eroe e un esempio di onestà. Un uomo OUT, in una società impostata sull' AUT... AUT... Grazie per il tuo coraggio, Peppino.

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